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domenica 6 luglio 2025

L’Ecumenismo nasce a Gerusalemme con i Templari


✠ L’ecumenismo nasce a Gerusalemme con l’Antico Ordine del Tempio ✠
Breve saggio di Roberto Amato Johannes

Come Roberto Amato Johannes, voglio condividere con voi alcune riflessioni su un tema che considero essenziale: l’origine dell’ecumenismo, un percorso di dialogo e di collaborazione tra le fedi che, per me, affonda le sue radici più profonde a Gerusalemme, proprio con l’Antico Ordine del Tempio.

Ecumenismo è un termine moderno, è vero. Deriva dal greco oikoumenē, “la terra abitata”, e indica l’aspirazione a unire i cristiani di diverse confessioni e, più in generale, le religioni del mondo. Ma io credo che il suo seme più antico sia nato tra le mura di Gerusalemme, crocevia di popoli, di lingue, di fedi.

Nella mia meditazione spirituale, spesso torno al Salmo che dice:

«Pregate per la pace di Gerusalemme: vivano sicuri quelli che ti amano» (Salmo 122,6).

Questa preghiera, che risuona nei secoli, mi sembra la voce più pura dell’ecumenismo nascente: chiedere pace per la Città Santa, dimora di Dio e degli uomini, patria contesa e amata da ebrei, cristiani e musulmani.

Fu in questo luogo sacro e ferito che nacque l’Ordine del Tempio. Fondato nel 1119 con il compito di proteggere i pellegrini e custodire i Luoghi Santi, l’Ordine non fu solo una milizia armata. Fu anche un crocevia di culture, una fraternità che si trovò – per forza di cose – a dialogare con mondi diversi.

Nei miei studi e riflessioni, considero centrale il rapporto con i turcopoli. Erano cavalieri leggeri, guide, esploratori di origini miste: greci, siriani, arabi, persino musulmani convertiti o alleati. Con loro i Templari condividevano strategie militari, informazioni, percorsi. Era una necessità bellica, certo, ma anche una forma di riconoscimento reciproco.

I Turcopoli erano una cavalleria leggera, composta prevalentemente da arcieri, inquadrata negli eserciti crociati in Terra Santa. La loro origine risaliva ai Bizantini, che usarono per primi i “Tourkopoloi” – letteralmente “figli di Turchi” – probabilmente schiavi o discendenti di prigionieri selgiuchidi. Quando le armate crociate, basate su cavalleria pesante e balestrieri appiedati, dovettero fronteggiare la tattica turca dello “colpisci e fuggi” (scoccavano frecce al galoppo, fuggivano e tornavano a colpire), reclutarono questi reparti ausiliari equipaggiati come il nemico – arco, giavellotti, mazza ferrata – e abili in pattugliamenti, ricognizioni e azioni fulminee. Non è chiaro se fossero di etnia turca o musulmani convertiti, ma ciò che li caratterizzava era l’armamento e la tattica: cavalli rapidi di piccole dimensioni su cui scoccare frecce al galoppo. In Terra Santa furono i Templari i primi a integrarli nelle proprie fila, poi seguirono gli Ospitalieri e i regni crociati di Palestina, che nelle loro stesse Regole dedicarono capitoli al comando di questi reparti, affidato al Turcopoliere.

In quei volti segnati dal sole di Palestina, in quelle mani che stringevano le redini e le spade insieme ai Templari, io vedo un primo, fragile ma reale esempio di collaborazione interreligiosa. Un’alleanza precaria, ma significativa.

Nella Regola templare, lo Statuto di Troyes del 1129, si legge di obbedienza, di povertà, di difesa dei deboli. Ma soprattutto si riconosce la necessità di giustizia e carità. È la carità a muovere l’ecumenismo:

«Ora dunque rimangono queste tre cose: fede, speranza e carità; ma la più grande di esse è la carità» (1 Corinzi 13,13).

I Templari, pur in guerra, dovevano vivere la carità. La Regola li obbligava a non insultare l’avversario, a non vantarsi, a rispettare le chiese orientali. Erano tenuti a confessarsi, a pregare insieme, a offrire aiuto ai fratelli, anche se di lingua o rito diverso.

Quando penso ai turcopoli, vedo una fraternità di confine. Non erano solo mercenari: erano l’incarnazione di un legame possibile tra culture. Cristiani e musulmani che condividevano la fatica del viaggio, la strategia della difesa, la necessità di sopravvivere. Persone che imparavano a fidarsi almeno un poco l’uno dell’altro.

Gli storici – penso a Giles Constable o a Malcolm Barber – ci ricordano che il mondo crociato non era un blocco monolitico. Era un mosaico. Il Regno di Gerusalemme stesso aveva funzionari arabi, traduttori siriaci, contadini musulmani che pagavano le tasse ai signori franchi, accordi con emirati locali.

Non voglio idealizzare tutto questo. Era un tempo duro, pieno di violenze. Ma proprio lì, in quel conflitto acceso, vedo nascere il bisogno di trovare un terreno comune. Di capire l’altro. Di mediare.

Per me, l’ecumenismo nasce lì:
 • quando il cavaliere franco si affida alla guida beduina per attraversare il deserto;
 • quando il templare chiede informazioni al mercante musulmano;
 • quando le due parti firmano tregue e rispettano gli scambi di ostaggi;
 • quando riconoscono la sacralità di Gerusalemme per tutti.

Nei testi sacri, il Signore ci comanda di amare il prossimo come noi stessi (Levitico 19,18; Matteo 22,39). Ma chi è il prossimo? Gesù lo spiega con la parabola del Samaritano (Luca 10,25-37), uno straniero, considerato eretico, che si fa prossimo con la compassione.

Io credo che i Templari – pur con tutti i loro limiti – abbiano sperimentato questa verità. Combattenti, ma anche protettori di pellegrini di ogni provenienza. Guerrieri, ma anche custodi di un dialogo forzato ma reale.

In fondo, come dice San Paolo:

«Egli è la nostra pace, colui che dei due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione» (Efesini 2,14).

Questa è la speranza che porto nel cuore. Che anche oggi, in un mondo diviso da nuovi muri, possiamo imparare da quel fragile ecumenismo nato a Gerusalemme. Che possiamo riconoscere nell’altro – anche nel nemico di ieri – un fratello.

Questa, credo, è l’eredità più vera dell’Antico Ordine del Tempio. Non solo le pietre delle fortezze o i sigilli impressi nella cera, ma la memoria di un’umanità che, pur nel conflitto, ha saputo tendere la mano.

È il messaggio che voglio lasciarvi. Un invito alla pace, al rispetto, al riconoscimento dell’altro. Perché, come dice il Salmo:

«Quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme!» (Salmo 133,1).

Che questa antica sapienza ci guidi ancora oggi, a Gerusalemme e in ogni angolo del mondo.

✠ Roberto Amato Johannes ✠ Custode della Tradizione dell’Antico Tempio#

sabato 5 luglio 2025

Le Nove Sorelle di Magdala

✠ Roberto Amato Johannes ✠

✠ Le Nove Sorelle del Tempio ✠

Racconto iniziatico


✠ Prologo

Si narra che nei giorni più oscuri della caduta del Tempio, quando le fiamme del rogo divoravano pergamene e uomini e la Croce Rossa veniva calpestata dai nuovi padroni d’Europa, ci fu un ultimo consiglio segreto.

Radunati nella penombra di una cappella sotterranea, i Cavalieri fedeli giurarono che il vero Tesoro del Tempio — non l’oro né le reliquie, ma la Conoscenza e la Fede — non sarebbe caduto nelle mani di chi lo avrebbe profanato.

Fu allora che si decise ciò che i cronisti non osarono mai scrivere apertamente.
Non sarebbero stati gli uomini a custodire il tesoro, ma Nove Donne.

Nove Sorelle.
Nove lampade accese nella notte.
Nove custodi scelte non per forza bruta ma per sapienza, discrezione e tenacia.


✠ Il Consiglio segreto

Secondo la tradizione orale, le Nove furono scelte tra le sorores Templi più sapienti e fedeli, educate nei monasteri templari dell’Occidente, ma istruite anche nelle lingue e nelle scienze dell’Oriente.

Si dice che fossero:
Guaritrici e cartografe.
Scrittrici di codici cifrati.
Mistagoge e sapienti della Legge Divina.
Donne che avevano preso i voti della Castità, della Povertà, dell’Obbedienza — ma anche della Verità.

I loro nomi autentici sono scomparsi dalle cronache.
Ma la tradizione li sostituì con nomi simbolici:

Sapientia, Caritas, Fortitudo, Prudentia, Justitia, Fides, Spes, Humilitas e Amor.


✠ Il Giuramento

Alla vigilia delle persecuzioni, in una cripta sotto la Commanderia di Montsaunès — dicono alcuni — o nella caverna di San Michele sul Gargano — giurano altri — le Nove si inginocchiarono davanti al Gran Precettore fuggiasco.

E lui parlò così:

«Figlie del Tempio, non vi chiedo di combattere con la spada, ma con la Fede.
Non vi affido forzieri d’oro, ma parole di fuoco.
Non vi comando, ma vi supplico: portate lontano ciò che ci definisce.
Che il nostro Tesoro non muoia con noi.»

Le Nove posarono le mani su un codice scritto in latino, greco e copto. Dentro, misteri del Tempio, parole del Cristo, insegnamenti di Maddalena, mappe di vie segrete.

E dissero:

«Accettiamo. Lo custodiremo. Lo tramanderemo. Se una di noi cade, le altre continueranno.»


✠ Il Viaggio

Quando l’alba rischiarò le torri assediate, le Nove si erano già disperse.
Vestite come contadine, guaritrici, monache pellegrine.
Alcune presero la via del mare, verso Cipro e Creta.
Altre si diressero verso i Pirenei, verso le abbazie cistercensi che ancora accoglievano gli amici del Tempio.
Altre ancora seguirono vie carovaniere per l’Italia, attraversando la Marca e la Toscana.

Si dice che ovunque lasciassero segni cifrati:
Croci graffite negli stipiti di cappelle abbandonate.
Frasi in latino maccheronico sui margini dei salteri.
Piccole Madonne nere scolpite con simboli che solo gli iniziati avrebbero riconosciuto.


✠ La Scorta del Tesoro

Ma che cosa portavano davvero?
Le leggende divergono.

Alcuni dicono che fosse un manoscritto unico:

la Regola Segreta del Tempio, che conteneva le parole di Cristo e di Maddalena, la Sapienza Sofia, il Vangelo della Via Interiore.

Altri parlano di reliquie:
Un frammento del Lignum Crucis.
Una ciocca di capelli di Maria di Magdala.
Vasi di terracotta dell’Ultima Cena.

Altri ancora dicono che fosse solo Conoscenza, imparata a memoria, pronta a essere scritta di nuovo ovunque ci fosse libertà.


✠ Il tesoro più prezioso per l’Ordine del Tempio di Gerusalemme erano le Reliquie.

Nel passaggio tra Oriente e Occidente, al di là del Mare e al di qua del Mare, si dice che viaggiasse una piccola scorta di 9 Sorelle, scelte non solo per devozione ma per la loro abilità con le armi del tempo: spade leggere, pugnali, archi e balestrine, conoscenza di veleni e medicamenti.

Viaggiavano in silenzio, vestite come umili pellegrine o mercantesse, proteggendo reliquie e manoscritti senza dare nell’occhio.

La storia afferma che partivano sempre in 9, ma non sempre ritornavano in 9.
Molte cadevano, altre si sacrificavano, altre sparivano nel nulla.
Ma una cosa era certa: ripartivano sempre in 9 Sorelle Guerriere, perché il loro voto imponeva che nessuna linea di trasmissione si spezzasse.
Se una cadeva, un’altra veniva istruita a prendere il suo posto.
E così, di generazione in generazione, il segreto del Tempio continuava a vivere.


✠ Le tracce

La leggenda delle Nove Sorelle dice che ognuna trovò rifugio in un luogo sacro:
Una in un monastero sul Gargano.
Una in un eremo della Maiella.
Una in un priorato della Provenza.
Una in un’isola dell’Egeo.
Una presso i Cistercensi di Clairvaux.
Una in un convento di Mantova.
Una a Santiago di Compostela.
Una in un’abbazia sul Danubio.
L’ultima… nessuno sa.

Si narra che lasciarono frammenti del Tesoro ovunque, perché non potesse essere distrutto in un colpo solo.


✠ La Fine e l’Inizio

Si persero le loro tracce.
I persecutori le cercarono, ma invano.
I loro nomi reali furono cancellati dai cartulari e dalle cronache ufficiali.

Eppure, di secolo in secolo, nei conventi femminili, nei priorati dimenticati, tra le consorelle devote, riaffioravano simboli e preghiere:

«Per la Gloria di Dio e la Salvezza dell’Uomo, custodiamo ciò che libera.»

Alcuni Ordini moderni si richiamano ancora a loro.
Le chiamano Le Nove Luci, Le Nove Guardiane, Le Sorelle di Magdala.


✠ Conclusione

Così si tramanda la leggenda delle Nove Sorelle del Tempio:

non un esercito, ma un seme.
non un tesoro d’oro, ma una Verità.
non un Ordine morto, ma un Voto vivo.

Che si rinnova ogni volta che una donna pronuncia nel silenzio del cuore:

“Lo custodirò.”


✠ Roberto Amato Johannes ✠

✠ SCMOTH 1804 OSMTJ ✠
Per la Tradizione del Tempio

Copyright


venerdì 4 luglio 2025

I cavalieri del bianco mantello

«Bere come un templare»

Breve saggio di Roberto Amato Johannes

«Buon Fratello, tu richiedi una cosa molto grande, perché del nostro ordine vedi solo la scorza che è al di fuori, ma la scorza è che ci vedi possedere bei cavalli, bei finimenti, bere bene e ben mangiare ed indossare belle vesti, e qui ti sembra che starai molto a tuo agio. Ma non sai i duri comandamenti che sono al di dentro; perché è cosa certa che tu, che sei signore di te stesso, stai per diventare servo altrui, poiché assai difficilmente farai mai cosa che desideri».
(Formula rituale di investitura – Art. 661 della Regola)

Quando rifletto su queste parole antiche, comprendo come la vita templare non fosse soltanto cavalleria, potere e onori. La scorza esteriore inganna l’occhio: bei cavalli, armi lucenti, banchetti. Eppure, dietro quel velo si celava un durissimo cammino di obbedienza e rinuncia, di povertà votata e di servizio.

Nonostante questo spirito originario, la fama dei templari mutò nei secoli. Dall’austerità si passò all’accusa di ricchezza arrogante. E fra le accuse popolari sorse anche quella dell’eccesso nel bere. Tanto che nacque il proverbio «bere come un templare», diffuso già dal Cinquecento, quando François Rabelais faceva dire ai suoi personaggi: «Io bevo come un templare», «come una spugna», «come una terra senz’acqua».

Guillaume Paradin, storico savoiardo del 1561, scriveva che i templari «erano coloro che meglio riempivano la pancia», dando così corpo alla diceria da taverna. Nei secoli successivi, anche autori come Walter Scott, in Ivanhoe, hanno alimentato questa immagine popolare di cavalieri più inclini al vino che alla penitenza.

È curioso come il detto possa derivare anche da un semplice equivoco linguistico. Alcuni linguisti hanno sostenuto che boire comme un templier fosse in realtà una corruzione di boire comme un templier (o templier = verrier, cioè vetraio), mestiere che obbligava a bere molto per compensare il calore dei forni. Eppure, la leggenda non volle morire, preferendo il fascino peccaminoso del cavaliere che alza il calice.

Come templare spirituale di oggi, leggo in questa storia una lezione: il contrasto eterno tra apparenza e verità. Dietro la scorza delle accuse e dei proverbi sta un ideale alto, che invita a non essere schiavi del proprio desiderio, ma servi del prossimo.

Bere come un templare? Forse significa lasciarsi irretire dall’eccesso, perdere la misura, dimenticare la Regola. Ma proprio per questo la Regola stessa avvertiva: «Tu che sei signore di te stesso, stai per diventare servo altrui». Solo l’obbedienza e la disciplina possono salvare dal naufragio dell’orgoglio e dell’ubriachezza di potere, di ricchezza, di vino.

Questa, per me, è la sfida di ogni templare: riconoscere la scorza, ma scegliere il cuore dell’Ordine.

Roberto Amato Johannes


mercoledì 2 luglio 2025

✠ RITI DI AMMISSIONE DEI CAVALIERI DEL TEMPIO ✠


✠ RITI DI AMMISSIONE DEI CAVALIERI DEL TEMPIO ✠

Roberto Amato Johannes – SCMOTH 1804 OSMTJ


❖ Introduzione

Nel cuore silenzioso del Tempio, tra pietre consacrate e croci velate di mistero, si celebrava il rito più sacro dell’Ordine: l’ammissione del novizio. Era un cammino spirituale e corporale, fatto di rinunce, prove e segretezza. Così importante che la Regola dell’Ordine vi dedicava ben trenta articoli.


❖ La Rinuncia e la Volontà

Il postulante si presentava con l’intento di “diventare per sempre servo e schiavo della casa (comunità), fino all’ultimo giorno della sua vita” (art. 658). Questo atto non era formale, ma un distacco profondo da tutto ciò che era mondano.
“Una strada si diradrà, e sarà chiamata Via Sacra” (Is 35:8).

Un maestro lo ammoniva:

“Mio buon fratello, chiedete una cosa molto grande, poiché del nostro ordine non scorgete che l’apparenza. Vedete bei cavalli e splendenti armature, cibi squisiti e buoni vini, e vesti eleganti, e allora pensate che con noi starete assai bene. Ma ignorate gli aspri comandamenti che si nascondono dietro tutto ciò… sarà penoso per voi, sarete padroni di voi stessi, servi degli altri.”


❖ L’Istruzione e il Cammino Iniziatico

Dopo l’ammonimento, il novizio doveva decidere se accettare le fatiche del Tempio. Solo allora riceveva la Regola, gli insegnamenti spirituali e la vita comunitaria, fondata sull’unione fraterna.
“Voi siete il corpo di Cristo e membra l’uno dell’altro” (1 Cor 12:27).


❖ Le Prove

La formazione passava per prove fisiche e spirituali: resistenza alla fame, al sonno, al silenzio, alla disciplina. Il postulante si sottoponeva ai voti di obbedienza, castità, povertà, e giurava di combattere “per conquistare, con la forza e il potere che Dio vi ha donato, la Terrasanta di Gerusalemme… e farne quanto è in vostro potere per proteggere e salvare quella che è in mano cristiana.”
E rispondeva:

“Sì, Signore, se a Dio piace” (art. 676).


❖ Il Giuramento e la Trasformazione

Sul libro sacro o su una reliquia, il novizio giurava obbedienza al Maestro e fedeltà al Tempio, suggellando la sua anima con un vincolo eterno. Alcuni elementi simbolici oscuri (come teschi, croci nere o il Baphomet) comparivano a rafforzare l’idea di morte iniziatica.

“Anche Satana si traveste da angelo di luce” (2 Cor 11:14).
Non si trattava di eresia, ma di passaggi interiori, di morte simbolica dell’uomo vecchio.


❖ Cerimonie e Pratiche Controverse

Alcuni atti apparentemente scandalosi – come lo sputo sulla croce o il rinnegamento formale – sono attestati nelle accuse dell’Inquisizione. Ma molti Templari, anche sotto tortura, dichiararono che questi avvenivano fuori dalla cerimonia ufficiale, o addirittura giorni prima o dopo.

Alcuni studiosi moderni hanno visto in questi atti tracce di tradizione goliardica, una forma di “nonnismo medievale”, usata per mettere alla prova la fedeltà del novizio in caso di cattura. Anche alcuni baci rituali (bocca, ombelico, natiche) possono essere intesi in senso simbolico, come gesti di abbandono e sottomissione assoluta, come si fa nell’“inventio” rituale.

Il francescano Stefano di Nery raccontava nel 1291 che un suo parente, iniziato nell’Ordine, fu invitato a baciare il precettore su una parte del corpo – ma rifiutò.
Questo dimostra che tali atti erano più leggende deformate, o gesti non canonici praticati localmente, che parte di un rito universale templare.


❖ L’Assoluzione e il Silenzio

Il percorso si concludeva con la confessione al cappellano, l’assoluzione e l’ingresso definitivo nella milizia del Cristo. Da quel momento, il silenzio e il segreto diventavano parte essenziale del vivere templare.
“Ricevete lo Spirito Santo. A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi” (Gv 20:22-23).


❖ Il Simbolismo della Spoliazione

La gestualità era tutto: spogliarsi delle vesti civili, ricevere il mantello bianco con la croce rossa, essere chiamato “frater”. Tutto ciò insegnava a vivere come già morti al mondo, pronti ad affrontare prigionia, torture, martirio.
“Come un buon soldato di Cristo Gesù, soffri anche tu con me” (2 Tim 2:3).


❖ Conclusione

Essere ammessi nel Tempio non era entrare in un ordine cavalleresco, ma rinascere. Era l’inizio di una seconda vita, fondata su obbedienza, povertà e spada.
“Il Signore è mia luce e mia salvezza: di chi temerò?” (Salmo 27).

Il rito templare è una parabola dello spirito, una morte sacra e una resurrezione nell’Ordine di Dio.


✠ Roberto Amato Johannes
Templare del Sacro Ordine SCMOTH 1804 Osmtj

lunedì 23 giugno 2025

Breve Saggio sulle Identità Universali dei Templari di Roberto Amato Johannes

Breve Saggio sulle Identità Universali dei Templari di Roberto Amato Johannes


1. Non nobis, Domine, non nobis…

Io, Roberto Amato Johannes, mi presento innanzitutto con il grido antico che accompagna ogni Cavaliere del Tempio: NnDnn – Non nobis, Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam. Questo motto ricorda a me e ai miei Fratelli che ciò che facciamo non è per vanagloria personale, ma per restituire onore al Creatore. In questa luce dichiaro: «Ogni Templare è un ricercatore di tutte le scienze e, quando gli si chiede la nazionalità, risponde di essere l’unico figlio del Pianeta Terra; poiché non riconosce distinzione di razza, credo politico o religione: siamo tutti figli di Dio.»

2. Richiamo ai Testi Sacri

La mia convinzione si radica nelle Scritture. Risuonano in me le parole di Cristo: «Perché tutti siano uno» (Gv 17,21). Anche san Paolo ci ammonisce: «Non c’è più Giudeo né Greco… perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28). Questi richiami mi insegnano che l’unità non è utopia, ma vocazione concreta: dissolvere i confini che dividono e custodire la verità che unisce.

3. Nei Tempi di Guerra Attuale

Oggi la nostra umanità sanguina in numerosi fronti di conflitto: guerre aperte, terrorismo, violenze ideologiche e digitali. Come Templare del XXI secolo, non posso restare spettatore. Combattere, per me, significa far emergere la scienza della pace, la diplomazia del cuore, la solidarietà operosa. Ogni gesto di riconciliazione diventa scudo; ogni parola di verità, spada che separa la menzogna dalla giustizia.

4. Valori Fuori del Tempo e Sempre Attuali

La Cavalleria del Tempio non è un relitto medievale, bensì una via senza tempo. Disciplina, umiltà, ricerca della sapienza, difesa dei deboli, equilibrio tra maschile e femminile, custodia del creato: sono valori eterni che attraversano le epoche intatti, come il fuoco che arde senza consumarsi. Essi mi chiedono di integrare scienza e fede, ragione e contemplazione, per testimoniare un’etica universale accessibile a ogni cultura.

5. Conclusione ed Elaborazione Finale

Così, mentre percorro le strade del mondo, mi sento ponte vivente tra oriente e occidente, tra passato e futuro, fra materie accademiche e mistero divino. La mia identità, figlia della Terra e del Cielo, mi induce a riconoscere nell’altro un fratello di sangue e di spirito. Se un giorno vi chiederanno chi sono, risponderò: «Sono Roberto Amato Johannes, Cavaliere del Tempio; figlio del medesimo Dio che dà respiro a ogni uomo, custode di una verità che la scienza indaga e la fede illumina. E non avrò pace finché anche l’ultimo dei miei fratelli non riconoscerà la sua dignità divina.»


martedì 17 giugno 2025

Ordine di Sion, l’originale.

Breve saggio su l'Ordine di Sion -il vero- a nome di Roberto Amato.

L’Ordine di  Sion, conosciuto anche come Antiquus Ordo Sionis o Antiquus Ordo Prioratus Sionis (A.O.S. o A.O.P.S.), rappresenta un’antica e misteriosa confraternita con radici profonde nella storia della Calabria e oltre. La sua ri-nascita è stata ufficialmente decretata con il provvedimento del Magnus Magister, datato 27 dicembre 2017, che ne ha formalizzato la ri-creazione, ricollegandola alle tradizioni dell’Antico Priorato di Sion.

La storia di questo ordine affonda le sue origini in un contesto storico e spirituale di grande antichità, risalente almeno al XII secolo. Secondo le fonti più attendibili e le tradizioni tramandate, intorno al 1070 un gruppo di monaci provenienti dalla Calabria, provenienti probabilmente dall’area di San Marco Argentano, Cosenza, avrebbe intrapreso un viaggio verso le terre dell’Europa occidentale. Questi monaci s’inoltrarono nelle foreste delle Ardenne, un luogo remoto e selvaggio, proprietà del nobile Goffredo di Buglione, ove si stabilirono e fondarono un'abbazia che più tardi sarebbe diventata famosa come Orval.

È importante sottolineare che tra questi monaci vi fosse anche Pietro l’Eremita, figura nota nella storia delle Crociate. La presenza di questi monaci calabresi a Orval, si suppone, costituisce un momento importante nel rafforzamento di legami spirituali tra Calabria e le istituzioni religiose di quella regione, dando origine a un legame più profondo e misterioso con la Terra Santa.

Dopo alcuni decenni, questi monaci scomparvero improvvisamente, lasciando un alone di mistero e fascino sulla loro presenza. Tuttavia, si ipotizza che poco tempo dopo furono segnalati a Gerusalemme, presso l’abbazia di Nostra Signora di Sion, dove organizzarono un “consesso segreto” sotto la guida di un “misterioso vescovo” di origine calabrese. Questa comunità avrebbe costituito una sorta di ordine segreto, con compiti e ricerche legate alla protezione di testi, simboli e tradizioni antiche, distinguendosi per il suo rispetto verso il passato e la spiritualità.

Le fonti storiche di queste vicende sono scarse e spesso avvolte nel mistero, alimentando teorie e leggende che collegano l’Ordine del Sion alle molteplici interpretazioni del suo ruolo nel corso dei secoli, specie riguardo alle tradizioni esoteriche e alle presunte relazioni con i Templari e altri ordini segreti.

In conclusione, l’Ordine del Sion rappresenta un ponte tra la Calabria e le radici più profonde di una tradizione secolare, ricollegata alla nascita dell’Antico Priorato e alla protezione di una eredità spirituale di grande valore. La sua storia, ancora tutta da scoprire e verificare, intreccia realtà storiche, leggende e temi di mistero, contribuendo a mantenere viva la memoria di quei monaci calabresi che, partendo dalla propria terra, avrebbero lasciato un’impronta senza tempo nelle vicende della spiritualità e della storia occidentale.

I Frati Neri calabresi, partiti da San Marco Argentano e approdati in Belgio presso Orval, rappresentano un esempio delle peregrinazioni spirituali e culturali di una tradizione che, seppure avvolta nel mistero, continua ad affascinare studiosi e appassionati di storia e mistero.

*Fonte storica pensativa e ricostruzione basata sulle testimonianze e tradizioni tramandate, tuttora oggetto di studio e ricerca.*#+++ RAJ, MMKT #Scmoth 1804 Osmtj


Misticismo Templare.





Misticismo Templare

di Roberto Amato Johannes

Nel silenzio dell’alba, quando il vento accarezza la pietra antica del Tempio interiore, io, Roberto Amato Johannes, medito sul mistero che guida il cammino del Cavaliere. Non sono le glorie del mondo a definirci, ma il fuoco segreto che arde nell’anima, un fuoco custodito nel cuore stesso della Regola — quella stilata a Troyes nel 1129, sotto la guida dell’abate Bernardo di Chiaravalle.

Quella Regola, ispirata alle Sacre Scritture, ci ammonisce sin dal primo capitolo:
“Voi che avete rinunciato alle ricchezze, avete scelto la via del combattimento spirituale, come veri monaci e veri cavalieri”.
In essa trovo non soltanto un codice di disciplina, ma un linguaggio sacro. Ogni norma, ogni precetto, è simbolo di un’ascensione dell’anima. La Regola è una scala spirituale, simile a quella vista da Giacobbe (Genesi 28:12), su cui salgono e scendono gli angeli: è tramite tra cielo e terra.

Il misticismo templare non nasce dal clamore della spada, ma dal silenzio dell’orazione, dal digiuno che purifica, dalla fraternità che plasma l’anima come il fuoco il metallo. È nella lectio divina che il Cavaliere riceve le armi invisibili: lo scudo della fede, l’elmo della salvezza, la spada dello Spirito (Efesini 6:11–17).

All’origine del nostro Ordine, nel tempo sacro della fondazione, non c’era solo la protezione dei pellegrini. Vi era un’altra missione, non scritta, ma scolpita nel cuore di chi ha occhi per vedere: la custodia del Mistero. Un Mistero incarnato nella figura del Cristo, il Rex Gloriae, ma anche della Sophia — la Sapienza divina che aleggia come colomba sopra le acque dell’inizio (Sapienza 7:25).

Nel segreto delle antiche preghiere templari, si cela il dialogo col Divino. Così prega il Cavaliere prima del combattimento spirituale:

“Signore, Tu che sei la Luce delle luci, guida il mio braccio alla verità, ma prima ancora il mio cuore alla compassione”.

La Croce patente non è solo emblema militare, ma sigillo dell’equilibrio tra forza e misericordia, tra giustizia e amore. In essa si incrociano il maschile e il femminile, il visibile e l’invisibile. È anche per questo che la nostra via è androgina nello spirito, come l’antica Shekinah, presenza divina che un tempo abitava il Tempio di Gerusalemme.

Le “sorores”, figure spesso dimenticate nella storia esterna, ma vive nell’anima dell’Ordine, ci ricordano che senza il principio femminile il Tempio crolla. La Magdalena, la compagna spirituale del Maestro, è per noi esempio di discernimento, di trasmutazione interiore, di luce nascosta nella notte.

Come dice il Vangelo secondo Tommaso (loghion 22):

“Quando farete il due uno… e farete l’uomo con la donna, così che il maschio non sia più maschio e la femmina non sia più femmina… allora entrerete nel Regno”.

Questo è il cuore del misticismo templare: unificazione degli opposti, elevazione dell’essere, discesa della grazia. Noi non cerchiamo la fine del mondo, ma il suo riscatto, non la distruzione della materia, ma la sua trasfigurazione.

Per questo, nel silenzio del Tempio — che è mente, spirito e corpo — io ascolto, e mi inchino. Non al passato glorioso, ma alla luce eterna che, ieri come oggi, continua a chiamare i veri Figli della Luce.


📜 Fonti integrate:
Statuto di Troyes (1129): specialmente i primi articoli sulla disciplina cavalleresca, l’obbedienza, la preghiera quotidiana e la comunione fraterna.
Bibbia: Genesi 28:12, Efesini 6:11–17, Sapienza 7:25.
Vangeli Apocrifi: Vangelo di Tommaso (loghion 22).
Spiritualità templare moderna: valorizzazione del principio femminile, equilibrio interiore, simbolismo interiore.

giovedì 5 giugno 2025

Il vero Ordine di Sion nasce in Calabria.

Breve saggio su l'Ordine di Sion -il vero- a nome di Roberto Amato.

L’Ordine di  Sion, conosciuto anche come Antiquus Ordo Sionis o Antiquus Ordo Prioratus Sionis (A.O.S. o A.O.P.S.), rappresenta un’antica e misteriosa confraternita con radici profonde nella storia della Calabria e oltre. La sua nascita è stata ufficialmente decretata con il provvedimento del Magnus Magister, datato 27 dicembre 2017, che ne ha formalizzato la ri-creazione, ricollegandola alle tradizioni dell’Antico Priorato di Sion.

La storia di questo ordine affonda le sue origini in un contesto storico e spirituale di grande antichità, risalente almeno al XII secolo. Secondo le fonti più attendibili e le tradizioni tramandate, intorno al 1070 un gruppo di monaci provenienti dalla Calabria, provenienti probabilmente dall’area di San Marco Argentano, Cosenza, avrebbe intrapreso un viaggio verso le terre dell’Europa occidentale. Questi monaci s’inoltrarono nelle foreste delle Ardenne, un luogo remoto e selvaggio, proprietà del nobile Goffredo di Buglione, ove si stabilirono e fondarono un'abbazia che più tardi sarebbe diventata famosa come Orval.

È importante sottolineare che tra questi monaci vi fosse anche Pietro l’Eremita, figura nota nella storia delle Crociate. La presenza di questi monaci calabresi a Orval, si suppone, costituisce un momento importante nel rafforzamento di legami spirituali tra Calabria e le istituzioni religiose di quella regione, dando origine a un legame più profondo e misterioso con la Terra Santa.

Dopo alcuni decenni, questi monaci scomparvero improvvisamente, lasciando un alone di mistero e fascino sulla loro presenza. Tuttavia, si ipotizza che poco tempo dopo furono segnalati a Gerusalemme, presso l’abbazia di Nostra Signora di Sion, dove organizzarono un “consesso segreto” sotto la guida di un “misterioso vescovo” di origine calabrese. Questa comunità avrebbe costituito una sorta di ordine segreto, con compiti e ricerche legate alla protezione di testi, simboli e tradizioni antiche, distinguendosi per il suo rispetto verso il passato e la spiritualità.

Le fonti storiche di queste vicende sono scarse e spesso avvolte nel mistero, alimentando teorie e leggende che collegano l’Ordine del Sion alle molteplici interpretazioni del suo ruolo nel corso dei secoli, specie riguardo alle tradizioni esoteriche e alle presunte relazioni con i Templari e altri ordini segreti.

In conclusione, l’Ordine del Sion rappresenta un ponte tra la Calabria e le radici più profonde di una tradizione secolare, ricollegata alla nascita dell’Antico Priorato e alla protezione di una eredità spirituale di grande valore. La sua storia, ancora tutta da scoprire e verificare, intreccia realtà storiche, leggende e temi di mistero, contribuendo a mantenere viva la memoria di quei monaci calabresi che, partendo dalla propria terra, avrebbero lasciato un’impronta senza tempo nelle vicende della spiritualità e della storia occidentale.

I Frati Neri calabresi, partiti da San Marco Argentano e approdati in Belgio presso Orval, rappresentano un esempio delle peregrinazioni spirituali e culturali di una tradizione che, seppure avvolta nel mistero, continua ad affascinare studiosi e appassionati di storia e mistero.

*Fonte storica pensativa e ricostruzione basata sulle testimonianze e tradizioni tramandate, tuttora oggetto di studio e ricerca.*#+++ RAJ, MMKT #Scmoth 1804 Osmtj

lunedì 2 giugno 2025

Cava dei Tirreni




Fratelli e Sorelle,

Il 31 maggio us, abbiamo assistito a un evento di immenso significato nel nostro Ordine: la consacrazione a Gran Priore Vicario del Frater Pasquale Falciano, GOKT del Gran Priorato Magistrale d’Italia. Dopo più di venticinque anni dall’ultima celebrazione di questa sacra investitura, questa cerimonia si configura come un ritorno solenne e doveroso ai valori fondanti della tradizione templare, riaffermando il ruolo di guida e testimonianza spirituale del nostro Gran Priorato.

Questa consacrazione, eseguita con ritmi e riti rimasti fedele alle antiche tradizioni e arricchita dalla sapienza moderna, rappresenta un momento di rinnovato impegno e di rinascita per l’intera confraternita. Essa incarna il principio templare di fedeltà eterna agli ideali di fede, coraggio e servizio, valori che devono continuare a illuminare il cammino dei nostri Cavalieri, delle Dame e degli Scudieri.

Il Frater Pasquale Falciano, con la sua esperienza e il suo spirito di dedizione, si trova ora chiamato a esercitare il ruolo di guida, assumendo la responsabilità di tutelare e rafforzare la nostra tradizione millenaria. La sua funzione, delineata dagli statuti templari antichi e interpretata in una chiave moderna, è quella di essere un custode dei valori templari, un esempio di virtù e di integrità morale, affinché l’Ordine possa continuare a incarnare il vero spirito cavalleresco.

Ricordiamo che questa consacrazione si inserisce in un contesto di rinnovamento, di riappropriazione dei valori universali su cui si fonda la nostra fratellanza. Essa richiama il dovere di ogni Cavaliere di vivere con onore, di combattere le ingiustizie e di esercitare il servizio disinteressato, elementi essenziali per preservare l’eredità dei templari e la loro missione di luce nel mondo.

Come attestano le fonti antiche e le moderne interpretazioni degli statuti templari, il Gran Priore Vicario ha il compito di essere il più autorevole interprete dei principi tradizionali, portando avanti il messaggio di speranza e di verità. La sua consacrazione rappresenta non solo un riconoscimento della sua virtù, ma anche il simbolo della continuità della nostra storia, della nostra identità e della forza dei valori che ci uniscono.

In questa circostanza, desideriamo rivolgere un pensiero di gratitudine e di speranza: che il Frater Pasquale Falciano possa esercitare con sapienza e umiltà il suo ruolo, illuminato dalla luce divina, come ci insegna la nostra tradizione e come ci invita la nostra spiritualità templare.

Dunque, con questa consacrazione, rinnoviamo il nostro impegno a vivere secondo gli ideali templari di fede, coraggio e servizio, affinché la nostra missione possa continuare a brillare come un faro di verità e giustizia nel mondo contemporaneo.

Non Nobis Domine, Non Nobis, Sed Nomini Tuo Da Gloriam.

Fratello +++ RAJ, MMKT

lunedì 12 maggio 2025

Matera.Scorta d’onore alla ‘Maria SS. Annunziata’.

Il Gran Balivo delle Terre della Lucania Fr. Domenico Apriello, e l’ex Balivo Fr. Michele Castelluccio ed i Fratelli e le Sorelle tutte del “Supremus Civilis Et Militaris Ordo Templi Hierosolymitani - Scmoth 1804 Osmtj”, desiderano esprimere la propria profonda gratitudine al Rev.mo Padre Don Giuseppe TARASCO per aver consentito loro il privilegio di effettuare la Scorta d’Onore alla statua della Madonna “Maria SS. Annunziata”  durante le tradizionali celebrazioni che si sono tenute ieri  presso la Chiesa Parrocchiale di Piccianello in Matera, appuntamento di fede e tradizione che si rinnova di anno in anno.
Ubicata nel popoloso quartiere di Piccianello fu costruita nel 1957 demolendo la precedente del 1884 di cui non si hanno notizie storiche, mentre nel 1959 fu eretta canonicamente la Parrocchia e consacrata la chiesa parrocchiale. 
La celebrazione dell’Eucarestia è stata presieduta oltre che dal parroco, da Don Angelo GIOIA, amministratore della Diocesi di Matera-Irsina.
Al termine della funzione religiosa, la statua della Madonna è stata portata in processione, percorrendo le vie principali del centro, accompagnato da canti, preghiere e momenti di riflessione spirituale.
Il corteo religioso, presieduto dal parroco Don Giuseppe TARASCO e scortato dai Fratelli e dalle Sorelle Templari dell’Ordine, è stato affiancato da autorità civili, associazioni religiose locali e numerosi devoti. 
L’evento ha rappresentato un momento di intensa partecipazione della comunità tutta, espressione della fede e delle tradizioni che uniscono la nostra gente.
Al termine della processione, nel piazzale della Chiesa Parrocchiale è stata impartita la benedizione solenne alla cittadinanza e alle famiglie presenti, a cui sono seguiti i tradizionali fuochi pirotecnici.
Si rinnova un sentito e profondo ringraziamento a Don Giuseppe TARASCO, guida spirituale della comunità e dell’Ordine “Supremus Civilis Et Militaris Ordo Templi Hierosolymitani - Scmoth 1804 Osmtj”, nonché Cappellano Regionale della Polizia di Stato, grazie al suo sostegno è stato possibile vivere un momento di autentica fede, preghiera e comunione fraterna, la sua disponibilità e sensibilità pastorale, la dedizione instancabile e la vicinanza spirituale, sono stati fondamentali per la buona riuscita dell’evento ed hanno contribuito a rendere questo momento un’occasione di autentica comunione e devozione, mantenendo viva una tradizione di fede che unisce e rafforza la comunità.